EL ASTURIANO ANALIZA SU ÚLTIMO MUNDIAL Y SU FUTURO EN FERRARI
"Mi sueño es conseguir tres títulos e igualar a Senna"
Fernando Alonso pasó por los micrófonos de la COPE dos semanas después de perder el campeonato del Mundo de Formula 1 en el GP de Abu Dhabi. El asturiano nos habló de cómo ha vivido su primer año en Ferrari y nos dejó muy claro que aspira a triunfar en la escudería italiana.
cope.es - 28-NOV-10
Cuesta olvidar el desenlace del Mundial, ¿cómo estás?
“Hay que buscar el siguiente reto, el siguiente desafío y es volver con más fuerza, Ferrari es un equipo ganador, yo soy ganador y esto sirve para convertir en rabia toda la tristeza y llegar más fuerte en 2011”.
Lo que está haciendo Nadal es impresionante, ¿verdad?
“El 2008 hizo un año perfecto pero el 2010 lo ha hecho mejor y no se sabe cuál es el límite, es un orgullo para todos los deportistas españoles”.
¿Sabéis las razones por las que se falló en la carrera de Abu Dhabi?. Se dice que fue por culpa del túnel del viento que tiene Ferrari.
“Se ponen mucha exigencia, hay que estar siempre al día, en la vanguardia y con el túnel del viento o estás al día o cualquier equipo te adelanta”.
Ha sido tu primera gran decepción, ¿cómo la has asimilado?
“Fue mucha más decepción el 2009 que el 2010, cuando volví a Renault y estaba peleando por entrar en la Q3, he recobrado sensaciones que echaba de menos hace dos años”.
¿Por qué hablas tan bien de Ferrari?, ¿Qué has encontrado ahí?
“He encontrado mucho cariño, grandes profesionales, trabajo en equipo, determinación, una filosofia de afrontar las carreras muy parecida a la mía, que siempre quieren ser los mejores. Se han hecho bien las cosas, teníamos un coche que no ha sido lo suficientemente competitivo en la primera parte el campeonato pero gracias a que era Ferrari llegamos con opciones porque es un súper equipo. Nuestro objetivo es tener el mejor coche, porque el equipo está ahí”.
¿Qué hay que hacer ahora?
“Hay que mantener la calma, no creo que haya que dramatizar. Hay que valorar, ver lo que se puede mejorar, pero de forma muy calmada”.
¿Lo mejor de este año fue lo de Singapur?
“Ha habido muchísimas cosas positivas, en general la entrada en Ferrari porque entras en un equipo que lo es todo y llegas como una pieza importante, tienes el gusanillo de ver cómo van las cosas y ha ido mucho mejor de lo que yo pensaba”.
Has remontado anímicamente, ¿verdad?
“Ojalá pueda luchar por más mundiales, tengo 29 años y estoy en Ferrari, no pinta mal la cosa. Vi la película de Senna hace poco, uno de mis ídolos, y estoy a uno de igualar a mi gran personaje”.
¿Qué pasó con Petrov?
“Casi nos tocamos en el único intento serio que tuve, frené tarde y él aceleró. Me extrañó esa agresividad”.
Vettel dice que no les has saludado, ¿es verdad?
“Le he felicitado muchas veces y lo hago otra vez ahora, le felicité nada más acabar la carrera”.
Dijiste que estarías cuatro años en la Fórmula 1, ¿Qué ha cambiado para que ahora pienses diferente?
“Me encuentro bien, he aprendido muchas cosas, me encuentro cómodo en la pista y muy feliz de cómo estoy en Ferrari, es como si empezase una nueva carrera, más preparado, mejor piloto y con mejor equipo alrededor”.
Has cambiado mucho en todos estos años...:
“Cuando estaba en la formula 3.000 pensaba que era imposible llegar a la Fórmula 1, me llegó la oportunidad de Minardi y luego con Briatore el paso a Renault, nunca hubiese imaginado toda la suerte que he tenido”.
¿Cuáles han sido los tres mejores coches del mundial?
“Red Bull, McLaren y Ferrari”.
¿Y los tres mejores pilotos?
“Vettel, Alonso y Webber”.
¿Te merecías el campeonato?
“Nos los merecíamos los cuatro primeros, hicimos un buen campeonato, sobre todo la segunda parte”.
¿Cuál es el próximo objetivo?
“Vamos a luchar a tope por el campeonato pero hay que esperar, igual tenemos un año complicado sin opciones de ganar. Ferrari es el mejor equipo para estar confiado, pero Schumacher ganó con Ferrari al quinto año de llegar”.
UN TEST RÁPIDO PARA UN PILOTO RÁPIDO:
Ciudad para vivir: Tokio
Lugar para perderte: Una isla en Australia
Película favorita: Hannibal
Actriz favorita: Charlize Theron
Grupo musical favorito: Red Hot Chili Peppers
Comida favorita: La pizza
Un personaje del deporte que admires: Gasol y Nadal son dos referentes para mi
Un sueño por cumplir: Conseguir tres títulos, igualar a Senna y dar un título a Ferrari
¿Dónde verás el derbi?: No lo voy a ver, creo que acabará en empate con goles
cope.es
Audio
domingo, 23 de enero de 2011
"Mi sueño es conseguir tres títulos e igualar a Senna"
Etiquetas: Entrevistas 2010
miércoles, 10 de noviembre de 2010
A casa di Alonso "Voglio solo vincere"
"La mia prima gara a tre anni" Il campione ce la racconta nella città della sua infanzia in cui cerca riparo dal mondo. Perché qui nessuno lo chiama Alonso. di DARIO CRESTO-DINA
OVIEDO - Le mani di Fernando Alonso Dìaz sono ancora mani da ragazzo. Sottili, glabre, le vene azzurre si scorgono appena attraverso la pelle del dorso, le unghie sono curate, una fede d'argento è infilata all'anulare destro. Ai polsi non porta nulla. Le tiene appoggiate sui jeans chiari. Il resto sono scarpe da ginnastica, t-shirt nera e felpa grigia. Nelle mani c'è una parte del suo talento. "In gara con una mano in media cambio marcia settanta, settantacinque volte ogni giro. Schiaccio un pulsante sul volante, seguendo le indicazioni di una luce graduata sul computer. Nello stesso momento con l'altra mano modifico i parametri della macchina. Ne abbiamo quaranta, dalla mappatura del motore, al differenziale, dal freno motore alla miscela della benzina, dal sottosterzo al sovrasterzo. Mentre faccio queste operazioni penso a come affrontare la curva successiva, ascolto ciò che gli ingegneri mi dicono dai box, se piove e non vedo assolutamente nulla leggo il circuito che mi sono impresso nella memoria, calcolo mentalmente in quale punto di esso mi trovo in quel preciso secondo, cerco di scorgere chi mi precede e chi mi sta dietro".
Parla lentamente, con l'indulgenza dei giovani bene educati messi di fronte a uno sprovveduto. Lo ascolto, so che non riuscirò a riportare con fedeltà la tecnica che sta illustrando con tanta naturalezza, ma sarebbe così anche se avessi di fronte un ciabattino. Alonso sorride, di nascosto, e in quest'ombra si accomoda l'altra parte del talento, quella che sta nella
"Rimanere da solo mi piace molto, stare lontano dalla gente, dal rumore. Vivo a Ginevra. Mi alzo alle dieci o alle undici del mattino, una fortuna che condivido con pochi, forse con gli scrittori? Salgo sulla bici, una bicicletta da corsa, e sto in sella fino alle due del pomeriggio. Penso. Penso alle cose che devo fare, al prossimo gran premio, alle mie faccende private. Faccio calcoli, programmi... Alle tre e mezzo mangio, poi esco a fare la spesa, la sera guardo la tv, vado al cinema, qualche volta a teatro. Non ceno mai prima delle undici. Tutto qui".
Alla Ferrari per qualcuno Schumacher era il "monaco", c'è chi impiegò due anni per trovare il coraggio di rivolgergli la parola. Fernando era il "nemico", in due settimane li ha condotti tutti dalla sua parte. Da solo, senza portarsi neppure un suo ingegnere. "Non so a chi assomiglio, credo sia impossibile fare raffronti con i campioni del passato. Non ho studiato nessuno, mi sono costruito da solo il mio stile di guida. Quando avevo otto anni c'era Senna, ma in Spagna la Formula Uno allora aveva poco appeal e scarso spazio televisivo. Ecco, Ayrton lo ricordo in tivù. Lo ammiravo soprattutto perché mi piacciono quelli che vincono. Sul lavoro sono un perfezionista, non mi risparmio, sono molto concentrato sui dettagli. Qualcuno può definirmi per questa ragione un rompicoglioni. Non mi offendo".
Nella Formula Uno dicono che ci sono uomini che si riconoscono da come consumano le gomme nelle curve. Alonso vi arriva dritto, punta la curva con il muso della macchina, poi gira di colpo. Niente di morbido, le gomme lui le scava. È uno che può permettersi di non essere ipocrita, a costo di apparire feroce. In dio non crede: "È stata una mia scelta". Si fida poco anche degli uomini: "Sono timido, chiuso, se mi chiedi il numero di cellulare non te lo do, è un modo per proteggermi". Non ha mai votato: "Mi manca il tempo di seguire la politica". E non ha paura della morte. "Non penso di fare un mestiere pericoloso, mi dico: Fernando, stai sereno, non succederà mai niente di brutto. E se dovesse accadere non potrei cambiare il corso del destino nell'ultimo secondo riservato alla mia esistenza".
È venerdì mattina, lo chiama Montezemolo. Vuole semplicemente sapere se è in forma. Gli dice che la Ferrari vuole vincere il mondiale, è naturale. Mancano due gare, Brasile e Abu Dhabi. Alonso gli risponde che può essere come no, quasi lo tranquillizza. È venuto a Oviedo per riposarsi. Questa è la sua terra, la sua famiglia, l'infanzia, l'adolescenza. Qui c'è la verità. C'è Fernando e basta. Martedì prenderà un aereo per il Sudamerica e allora tornerà a essere Alonso. "Posso vincere. Posso perdere. Tutto in poche ore, in pochi minuti, in un attimo. È la quarta volta in sei anni che mi trovo in una situazione del genere, in due occasioni mi è andata bene e sono diventato campione del mondo. Lo stress è sempre lo stesso, ci sono abituato".
Nelle Asturie, terra di montagne, foreste e mare in uno spazio di sessanta chilometri, in questa stagione la mattina è buio fino alle nove. "Sono entrato sempre a scuola di notte". Il ristorante Tierra Astur è di legno e vetro, gli passi davanti e vedi chi c'è seduto ai tavoli. Dentro incontri soprattutto ragazzi, i camerieri alzano a tutto braccio la bottiglia di sidro sulla testa per versarlo nel bicchiere che tengono con l'altra mano all'altezza del ginocchio. Un po' di sidro cade sempre sul pavimento, rendendolo molto scivoloso. È uno dei locali preferiti da Fernando. Ogni tanto ci viene per sfidare la fabada, fagioli bianchi, coda, orecchie e stinco di maiale, sanguinacci, un osso di jamon serrano, lardo, cipolle, due denti d'aglio e altri ingredienti infuocati. "Ma i miei piatti preferiti sono la pizza, la paella e le tortillas. Sono fiero di essere asturiano, credo sia la sola terra della Spagna che non è mai stata conquistata, anche se venne saccheggiata da Napoleone e assediata durante la guerra civile. Ovunque siano nel mondo, gli asturiani portano la bandiera piegata nella valigia, la croce gialla in campo blu. Io ce l'ho disegnata sul casco".
La sua famiglia da qualche anno abita fuori città. Il padre Josè Luis fabbricava esplosivi per le miniere, la madre Ana lavorava in un centro commerciale, la sorella Lorena, che ha trentaquattro anni, cinque più di Fernando, è medico. La casa dei ricordi, però, stava in centro, in via Capitan Almeida, quella la strada, ora è diventata via Fernando Alonso. "In quell'appartamento ho trascorso vent'anni della mia vita, ho nella testa ogni sua mattonella, la mia camera, il tavolo sul quale allineavo le macchinine rosse, il corridoio dove correvo stringendo un volante tra le dita e mimavo il rumore del motore con la bocca. Ricordo le passeggiate con mia nonna, Luisa, le sue parole rassicuranti quando mi lasciava davanti al portone della scuola. Non ero un bambino di grandi sogni. Se giocavo a pallone m'interessava vincere, se ingaggiavo una corsa in bici con i compagni di classe il mio solo desiderio era di arrivare primo. Sono diventato pilota non perché lo ha scelto papà o la vita, ma perché lo ha deciso il risultato".
Un giorno suonerà la campana della fine. "Lo so, ho fatto la mia prima gara a tre anni. Ne ho ventinove, potrei arrivare, che so, a trentasei o trentasette, come potrei smettere prima. Quando scenderò dalla macchina scenderò anche dalla Formula Uno. A me piace guidare, vorrei organizzare un'academy, insegnare il mestiere. Ci saranno nuove esperienze da affrontare. Invecchierò e non sarà facile affrontare questa realtà. Sono stato sempre il più giovane in tutte le categorie, non lo sarò più. Arriveranno altre sfide. I figli, la famiglia, credo succederà presto. Un posto dove stare e costruire finalmente qualcosa lì. Mi piacerebbe Tokyo, ma è soltanto una suggestione. Oggi non riesco a immaginare un'altra vita per me. Sono stato trattato molto bene dal destino fin qui". La moglie di Alonso è una cantante pop, Raquel Del Rosario. Il suo gruppo si chiama Il sogno di Morfeo. Si sono conosciuti durante un'intervista radiofonica fatta a Fernando in un palazzetto dello sport di Madrid. C'erano oltre quindicimila persone, Raquel si esibiva nelle pause, appena prima della pubblicità. Sono diventati anche loro uno spot. Lui dice di credere in un amore che si potrebbe definire variabile: "L'intensità del sentimento non è sempre la stessa. Servono pazienza e tranquillità. Spesso ci confondiamo, diamo il nome dell'amore a qualcosa che con l'amore non ha nulla a che vedere. Non importa quale sia la vita che facciamo, se siamo piloti, maghi della finanza, impiegati, operai. Molti tengono il cuore coperto".
Fernando Alonso è un uomo che guadagna forse trenta milioni di euro a stagione. Almeno quindici glieli dà la Ferrari. "È tutto in banca, non compro case, non seguo nulla. Se ne occupa soprattutto mio padre". Trascorre centocinquanta giorni l'anno tra pista, motorhome, box e Maranello. Nel 2010 ha già percorso 8752 chilometri, di cui quasi 5123 in gara, 665 al comando. Come i cowboy ha sempre nelle tasche un mazzo di carte con le quali si esibisce in giochi di prestigio. È superstizioso, attento soprattutto ai numeri: "Considero il 14 il mio portafortuna perché il 14 luglio 1996 vinsi il campionato del mondo di kart e avevo 14 anni. Temo il 13, il 17 e altri che preferisco non nominare". Sceglie le camere d'albergo a seconda del numero, a volte gli capita la peggiore e il suo manager si accomoda in quella in un primo tempo destinata a lui. È stato tradito, deluso, non ha dimenticato e non ha mai cercato vendette. Ha pochi amici veri, non nel suo ambiente. "In Formula Uno non esiste l'amicizia, esistono soltanto buoni rapporti. Gli amici sono quelli che avevo qui, a Oviedo. Loro sono rimasti fedeli a un patto lontano, nonostante il tempo e le distanze. C'è Alberto che è diventato maestro di sci. C'è Manuel, detto Kama perché era un fan di Camacho, che ora monta ascensori. Infine c'è Pedro, che costruisce infissi per le case".
Vorrebbe andare con loro a vedere il Real Madrid, in incognito, per evitare l'assedio dei fan. Assieme alla Nazionale è diventato il simbolo della Spagna. A Oviedo nelle vetrine delle librerie ci sono soltanto la biografia di Letizia Ortiz, altro orgoglio delle Asturie, e di Felipe di Borbone, "i principi che si preparano a regnare", i volumi su Wojtyla e Benedetto XVI, le guide sui funghi della regione e libri fotografici su Alonso. Nelle stanze d'albergo i clienti trovano accanto alla Bibbia una rivista patinata con Fernando in copertina, il "cavaliere" che vuole il suo terzo titolo. Gli domando se lo inseguirà con la testa o con le mani. Dice che non può rispondere: "Non so se sono intelligente. So qual è il mio istinto. Lo ascolterò".
(31 ottobre 2010)
repubblica.it
Etiquetas: Entrevistas 2010
jueves, 4 de noviembre de 2010
Alonso: “No hay mayor placer en esta vida que ganar”
Se le ve contento, feliz, tranquilo… ¿Son los resultados o en Ferrari le han cambiado la vida?
Estar en Ferrari, sin duda. A mitad de año cuando los resultados no eran los esperados seguía estando bastante tranquilo y muy contento. En este equipo he encontrado una gran profesionalidad, una enorme amistad con todos los componentes de la escudería, también en la fábrica de Maranello, donde paso más tiempo que en los otros equipos en los que había estado porque me encuentro a gusto, como en casa, y mucha determinación. Como ya dije en Corea ha sido mi mejor año en cuanto a sensaciones y cada mañana cuando me despierto estoy satisfecho al pensar que corro para este equipo.
Pero esta felicidad que nos transmite no se vio en su rostro, prácticamente, hasta que ganó en Corea, donde sí estaba eufórico ya que con anterioridad se había mostrado demasiado comedido.
Nunca programo cómo voy a reaccionar después de una victoria, pero la de Corea llegó en un momento muy importante de la temporada y ello hizo que me subiera más la adrenalina. Fue una carrera en la que hubo una combinación de factores muy excitantes, entre ellos porque los dos Red Bull no la acabaron, pero también por la bandera roja, por el retraso en la salida, la lluvia, los coches de seguridad y porque acabamos prácticamente de noche.
Quizás antes veía el título más cuesta arriba…
Cierto que te da tranquilidad tener un ligero margen de puntos, no tener que ir remontando todo el día, pero también porque hoy tenemos las sensaciones que nos dejó Corea. Si hubiese sido al revés, es decir, primero Corea y después Japón, con los mismos resultados, llegaríamos aquí pensando que 11 puntos no serían suficientes porque nuestros rivales acabarían de hacer un doblete. Por el contrario, ahora da la sensación de que todo va a ser fácil, pero no hay que olvidar que en Suzuka dominaron y siguen siendo también favoritos.
En la primera mitad del campeonato se acumularon errores, problemas y situaciones anómalas; en la segunda lo está bordando. ¿Qué ha cambiado?
La suerte. Seguro que en la primera parte del año hicimos errores, pero en Malasia nos quedamos fuera de la Q2 por 30 segundos y en Mónaco tuve un accidente el sábado por la mañana e impactando a 60 km/h se rompió el chasis. Si choco otras cien veces no pasa nada y hubiese salido a la crono con normalidad. Hubo errores, pero mezclados con mala suerte y ello hacía que se vieran más abultados. La suerte ha cambiado en esta segunda parte del campeonato y también es difícil estar nueve meses trabajando al mismo nivel. Todo va por rachas, aunque sea inconscientemente, y a veces no sabes el por qué pero las cosas te salen mejor o peor. Afortunadamente, ahora nos salen bien.
Todos los pilotos que luchan por el título han hecho errores, más o menos sonados. ¿Piensa que si no hubiese fallado tendría el título más en su mano?
Echas de menos puntos, pero por errores habré perdido unos 30 puntos e igual Red Bull ha perdido 150. Por lo tanto, me quedo con los nuestros porque creo que los demás han hecho alguno más.
Le gusta jugar, ya sea a las cartas o en el casino. ¿Por quién se jugaría su dinero hoy?
Habría que arriesgar. Red Bull ha tenido el coche más rápido todo el año y no creo que cambie en estas dos carreras que faltan, con lo que por ellos podrías jugarte el dinero. Por nosotros, también. En las últimas carreras hemos sumado muchos puntos, aprovechando siempre la más mínima oportunidad que se nos ha presentado. Por lo tanto, Red Bull y Ferrari son los favoritos.
Pero a usted no le gusta perder ni a los chinos…
Para nada, aunque con el paso de los años lo acepto. He aprendido que el deporte es así, que unas veces se gana y en otras se pierde. Lo importante es luchar, no rendirse nunca como hemos hecho este año y si al final consigues el objetivo es una alegría enorme, una recompensa a todo el trabajo de muchas personas. Si pierdes hay que felicitar al rival porque será que en algún momento ha hecho mejor las cosas.
Estuvo a punto de fichar por Red Bull hace un par de años, muy cerca, ¿le gustaría probar el monoplaza que ha diseñado Adrian Newey? ¿Es realmente tan superior como parece?
Han hecho un coche muy rápido, dominador absoluto de la calificación y quizás hacía años que no se veía esta superioridad de prestaciones. Sin embargo, no gana el coche más rápido sino que gana el mejor coche y para serlo tiene que reunir velocidad, fiabilidad, evolución, suerte y en el conjunto de todo ello creo que Ferrari no tiene nada que envidiar a Red Bull hoy en día.
El denominador común cuando se habla de usted es que es un tipo especial, ¿Qué le hace especial?
Cada piloto tiene su estilo, su motivación, sus propias características y no creo que como piloto tenga nada diferente a los otros. Seguramente la confianza en mi mismo o las ganas de competir y de ganar sí que son muy altas en mi caso.
¿Qué es lo que le da más placer en la F1?
Ganar. En la F1 y en la vida, ya que si echo una carrera con un mecánico hasta el box y le gano me siento especialmente satisfecho toda la jornada, pese a que soy consciente de que no tiene ninguna importancia.
¿Vale todo para ganar?
No, en absoluto. Hay que ser respetuoso con los rivales, con el deporte y la gente y dentro de estos límites la victoria cada uno la gestiona a su manera.
Existe la sensación de que hay gente que juega sucio, buscando tres pies al gato y tratando de quitarle valor a sus éxitos.
Hay equipos que tienen muchos problemas internos, entre ellos algunos de los favoritos que al tener problemas pendientes de solucionar en casa intentan desviar la atención. Por suerte, nosotros somos un equipo muy unido como demostramos cada carrera y esa buena unión que hay en Ferrari, incluyendo la relación con Felipe, no es del agrado de todos y molesta un poco fuera de Ferrari.
¿Acepta como parte del juego esta presión extra?
Son estrategias mediáticas de los equipos, que tratan de esta forma ponerte nervioso o presionarte. El problema lo tienen ellos en su casa y por eso hablan de los demás y no de si mismos porque saben que no están haciendo las cosas muy bien.
Hablamos mucho del desarrollo de los coches, de una mejoría constante, ¿El piloto tiene también que evolucionar constantemente?
Sobre todo en los últimos años. Ha habido un cambio de reglas importante. Primero fueron los neumáticos, después la reducción de la aerodinámica, los difusores, el kers, el conducto-F y sin olvidar que debes adaptar tu conducción a cada circuito a tenor de las condiciones de tu coche para sacarle el máximo partido al coche. Por otro lado, con neumático duro o blando la conducción debe ser distinta porque sus exigencias son diferentes y, por lo tanto, en cada carrera aprendes alguna cosa y lo aplicas en la siguiente.
¿Su habilidad para adaptarse a las condiciones ha marcado las diferencias con Felipe Massa?
Hemos tenido problemas de neumáticos en algún momento de la temporada, sobre todo de temperatura con los duros, pero yo quizás los podía calentar más rápido al tener una conducción más agresiva, pero creo que la mayor diferencia con Felipe ha sido la suerte. Hubo un momento en que ambos tuvimos mala suerte, pero él aún más, con tres carreras seguidas con cero puntos y eso le apartó de la lucha por el campeonato.
Domenicali ya ha dicho que ambos empezarán de cero el próximo año, pase lo que pase en este desenlace.
Es lo normal. Partimos todos de cero. Regresa el kers, desaparece el doble difusor, cambiamos a neumáticos Pirelli y puede ser totalmente opuesto a lo que vemos este año y creo que tanto Felipe como yo seremos candidatos al título.
Es una persona muy reservada, pero a su vez capaz de aglutinar a todo un equipo a su alrededor. Podría ser una contradicción. ¿La imagen pública de Fernando es diferente al Fernando de verdad?
Con la gente que tiene más contacto conmigo y con la que hay una pequeña ventana de amistad hay otro tipo de relación, un trato mucho más cercano y amigo. Desde fuera supongo que soy más reservado y tímido y esa es la imagen externa que percibe la gente que ve la televisión o lee los periódicos.
¿Blinda con ello su vida privada?
Si lo hago lo hago inconscientemente. No es que me proteja sino que me cuesta abrirme en ciertas cosas y compartirlas con gente desconocida. Los resultados en este particular también son muy importantes. Hay personas que tienen el mismo carácter pero ellos no llegan a las casas y otros que son súper amables, abiertos y encantadores y tampoco la gente sabe nada de ellas. En el deporte en sí los cuatro o cinco que están arriba tienen mucha notoriedad y todo el mundo sabe de ellos, opina de ellos y lo haría mejor que ellos, pero los que vienen a continuación pasan desapercibidos.
Por último, había que hablar de su idilio con Brasil. ¿Es especial para usted?
Siempre será especial. Gané aquí dos títulos y cada vez que vengo tengo recuerdos extraordinarios e imborrables.
Siete carreras con un coche competitivo y, a excepción del año pasado en el que no dio ni una vuelta, siempre ha estado delante pero nunca ha ganado.
Casi siempre he hecho podio, de forma muy regular, pero siempre había rivales más fuertes, especialmente los Ferrari y batirles era muy complicado. Espero tener este año la oportunidad.
Etiquetas: Entrevistas 2010
viernes, 29 de octubre de 2010
´Cuando estoy ocho días en casa, ya no sé qué hacer´
"Quiero crear una escuela de pilotos, sería triste no compartir mi experiencia con nadie", afirma Alonso
YEONGAM (COREA DEL SUR), ÁLVARO FAES, ENVIADO ESPECIAL
Octubre 2010
-Vayamos al grano. Convénzame de que puede ganar el Mundial.
-Será difícil porque ni siquiera yo estoy convencido.
-¿Entonces?
-Lo único que siempre tuve claro es que iba a luchar por ello, incluso cuando hace unas carreras estaba muy atrás. Era circunstancial, estaba haciendo mejor campeonato de lo que decían los puntos. Y había otra gente que no merecía tantos. El tiempo pone a cada uno en su sitio, tenía claro que llegaría a la lucha.
-¿Teme a algún rival?
-Red Bull tiene el mejor coche. Son los favoritos.
-Después de correr en Silverstone, cuando más lejos estaba del líder (47 puntos) dijo que llegaría para la batalla final. ¿Lo creía de verdad o era un mensaje de ánimo para el equipo?
-Lo creía de verdad. Allí el coche mejoró mucho. Veníamos de carreras difíciles. Barcelona, Turquía… y en Silverstone el equipo le añadió novedades que funcionaron. Cambió la forma de conducirlo y, a pesar del mal resultado allí, con ese coche se podía pensar en el título.
-De los cinco candidatos, sólo uno, Hamilton, no ha conocido el lado duro de la Fórmula 1 en un equipo pequeño, ¿podría haberle venido bien ante algunas actitudes que ha tenido en ciertos momentos?
-No lo sé. También Vettel estuvo en Toro Rosso, que en aquella época era el hermano pequeño de Red Bull y no era un coche malo. Pero las experiencias que ganas en las escuderías pequeñas te sirven para mejorar y conocer este deporte.
-Ya que menciona a Vettel, él lucha con su compañero Webber por el título bajo el mismo techo. Usted ya sabe lo que es eso (2007), ¿Ha hablado con ellos, les ha contado cómo fue lo suyo?
-Son situaciones diferentes. Luchan por el Mundial con el mejor coche y es una lucha con un compañero como si fuese un rival más.
-Pero a Webber también le está costando encontrar el apoyo de su equipo, como a usted le sucedió en McLaren.
-Lo mío fue un caso aparte y no creo que se vuelva a repetir en años lo que pasó en 2007.
-Por declaraciones suyas asumo que le gustaría que Ferrari será su último equipo.
-Correcto.
-Y también que le costaría compartir de nuevo garaje con Hamilton, que no iría a un equipo donde él estuviera, pero ¿qué cara pondría si de pronto, a su escudería se le ocurre ficharle?
-No, Ferrari no le… (se frena en seco)… no sé lo que pasará. Estaré aquí muchos años y quién tenga de compañero no cambiará las cosas. No pasa nada si un día deciden fichar a Hamilton.
-¿Qué hará si en Abu Dabi es campeón del Mundo?
-Me quedaré allí porque tengo entrenamientos la semana siguiente a la carrera, así que podré hacer pocas cosas.
-¡Hombre! Alguna fiesta montará, ¿no?
-No he pensado nada.
-¿Se lo deja a al equipo y a su gente?
-Es mejor no planear nada.
-¿Le gustaría al menos brindarlo a sus seguidores en Oviedo, como hizo otros años desde el Ayuntamiento?
- (se le escapa una sonrisa, un brillo de ilusión) Por supuesto. Cuando consigues una algo importante es bonito poder compartirlo, pero prefiero no pensar en ello porque sería una distracción inútil.
-Pues ya que estamos, ¿por qué no les envía un mensaje a esos que le siguen con tanta fuerza?
-Que les agradezco mucho todo su apoyo. Y que estén seguros de que voy a dar todo lo que tengo dentro, que si no gano el Mundial no será por falta de empeño. Y que llego al final del año a tope. No puedo prometer que sea suficiente para ganar pero vamos a luchar hasta la última vuelta.
-¿Llega a percibir el apoyo de la gente de la calle?
-Sí, claro que me llega. No directamente, porque estoy poco tiempo en un sitio fijo, pero sé que hay mucha gente detrás, que se levante a ver las carreras y que vibra con mis resultados. Noto ese apoyo, lo agradezco y me alegra tenerlo.
-Una entrega que también encuentra en el equipo. Están volcados con usted.
-Sí, es un equipo diferente, se respira ambiente de carreras, competitividad y apoyo al mismo tiempo.
-¿En ese apoyo incluye a su compañero, Felipe Massa?
-Sí, creo que todo el mundo intenta hacer lo mejor para el equipo y Felipe, que ahora no tiene opciones para el Mundial, me ayudará, porque quiere lo mejor para el equipo.
-¿Se enfrió la relación entre ustedes después de la polémica por las órdenes de equipo en Alemania?
-No.
-¿Llegaron a hablar del asunto? ¿Lo analizaron?
-Sí, sí…
-¿Cordialmente?
-Sí, claro que sí. Los dos conocemos este deporte. Lo raro es el la polémica o el interés mediático que levantó, cuando lo mismo se ve en Brasil todos los años o lo vemos con McLaren cada dos o tres carreras. Parece que cuando nos pasa a nosotros se monta más jaleo. Pero ya le digo, entre pilotos, no pasa nada.
-¿Por qué cree que se monta ese jaleo cuando usted está de por medio?
-Supongo que porque he tenido más repercusión durante mi carrera. O porque tengo dos Mundiales. Estuvimos quince días hablando de la maniobra de Schumacher con Barrichello en Hungría.
-¿Por qué?
-Pues por eso, porque es Schumacher.
-¿Sabe que en Inglaterra, en algunos periódicos le llaman "Teflonso"?
-No.
-Dicen que, como el teflón, un material aislante y muy resistente, a usted no le afecta nada de lo que pasa a su alrededor, que todo le resbala.
-Llevo bastantes años corriendo y sé diferenciar lo importante de lo que no lo es. Lo importante es lo que te hace mejor piloto y a lo que no te da velocidad, le presto cada vez menos atención.
-Y con todo ese tiempo que lleva, ¿hasta cuándo seguirá?
-Hasta que pueda.
-Tiene cuatro temporadas más con Ferrari, ¿renovaría su contrato?
-Sí, seguramente. No sé lo que pensaré cuando llegue el momento, pero siempre que me divierta, que sea competitivo y vea que las cosas van bien, no tengo por qué dejarlo.
-¿No se cansa de la vida nómada?
-Es la que he llevado desde los doce años. Para mí es lo normal. Cuando estoy ocho o nueve días en casa ya no sé qué hacer.
-¿Lamenta amistades perdidas por ese tipo de vida?
-Las amistades fuertes las he conservado. Con mucho menos contacto, pero con la misa intensidad y cariño. Esto es temporal. La carrera de un piloto no es infinita y recuperaré una vida convencional y ahí estarán mis amigos de siempre.
-¿Ha hecho amigos en las carreras?
-Sí, también. Paso 200 días al año con el mismo grupo de gente. Mecánicos, ingenieros, periodistas, compañeros. Y sí haces cierta amistad con alguno de ellos.
-Y cuando se retire, ¿qué?
-No lo sé.
¿Seguirá en el mundo del motor?
-No lo he pensado. He conducido toda mi vida y sería muy triste no poder compartir mi experiencia con nadie. Tener una escuela de pilotaje sería una buena actividad.
-Hay un circuito de karting que llevará su nombre en La Morgal (Asturias), ¿qué tal va?
-Bien (mira a su representante, que asiente: "goza de buena salud"). Va bien, está próxima la inauguración y es una de mis ilusiones para el futuro: Aprovechar esas "super instalaciones" para hacer algo importante.
-Sí, pero soy consciente de las dificultades económicas que hay en el mundo y de las que tiene el ciclismo en particular.
-No es fácil, no.
Sí, pero hay que esperar. Nunca es fácil saber desde fuera qué es lo que pasa.
-En todos los deportes se intenta encontrar los límites. Y en los de motor el margen está en la máquina.
-Es el máximo premio para un deportista. Un reconocimiento al que puedes optar muy pocas veces. Yo tuve la suerte de que me lo concedieran en 2005. La selección se lo merece porque levantaron del sillón y animaron a un país entero. Y ese es el significado del premio, que a veces la gente intenta confundir con el palmarés. Es un premio a la ilusión que produce alguien en la gente y la selección española es la número uno en eso.
-Me gustaría, pero no sé cómo será la situación. Mis intereses, los de mi familia, qué trabajo tendré, si implicará viajar mucho…
-Lógicamente, algún día sí.
-Ahora está parado pero cuando termine la temporada lo retomaré.
-Sí, una vez.
-Sí y no me estrellé, estoy aquí haciendo esta entrevista.
-Se siente uno muy bien.
-No. Los primeros vuelos se hacen con un buen día, despejado y sin viento, en condiciones muy favorables.
Etiquetas: Entrevistas 2010
«Ferrari es un equipo y debemos demostrarlo fuera y dentro de la pista»
BUDAPEST ENVIADO ESPECIAL
–La verdad es que yo también tengo esa sensación, la de llevar mucho más de seis meses. Desde el primer día me encontré muy cómodo. El carácter parecido entre italianos y españoles ayuda. Soy muy feliz.
–Esta es una de las muchísimas entrevistas que concede cada año, pero sigue habiendo mucha gente que cree que usted es inaccesible.
--Pues sí, no se entiende muy bien. Doy una hora de entrevistas cada día, de jueves a domingo, cuatro horas cada gran premio y no hay ningún deporte en el que se haga eso. Yo no veo ni a tenistas ni a futbolistas, que se reparten ese trabajo entre 22, dar tantas entrevistas.
–Se cumplen ahora tres años de la sanción más surrealista, cuando fue castigado porque su compañero de equipo, entonces Lewis Hamilton, tuvo que esperar algunos segundos en su box. Aquel día le acusaron de adelantar con una bandera amarilla que nadie vio. Y este año le han sancionado con drive through más que polémico en Silverstone. En Hungría, la sanción al equipo por algo idéntico a lo que McLaren hizo con Hamilton y Heikki Kovalainen un año antes sin que nadie dijera una palabra. ¿Se siente maltratado por la FIA?
–No, creo que han sido casualidades. Al menos hay que pensar que han sido casualidades que han ido en nuestra contra. Aun así, el tiempo pone a cada uno en su lugar y si al final de año ganamos el campeonato es porque lo hemos merecido, y si no lo ganamos es porque otros lo han hecho mejor.
–Pero a Hamilton, inglés, no le sancionan. ¿Cree que hay dos varas de medir en la FIA, una para Hamilton y otra para los demás pilotos?
–Esa es la sensación que te queda después de ver alguna carrera, que la FIA tiene dos varas de medir, pero, insisto, puede que sea casualidad. Ha habido carreras en las que se han acelerado los hechos y han tenido que tomar muchas decisiones, algunas discutibles, pero si miras en general cómo ha ido el Mundial, cuando finalice seguro que no habrá estas sensaciones tan recientes.
–Vaya la que se ha montado con el Gran Premio de Alemania.
–Se hablará solo hasta que empiecen los libres de Hungría. Ferrari acabó primero y segundo, con medio minuto de ventaja sobre los McLaren. A los ingleses no les hace mucha gracia eso y hablaran solo del adelantamiento. Ellos, y todos, saben que fuimos muy superiores.
–¿Cuál es su opinión sobre lo sucedido en el circuito de Hockenheim?
–En Ferrari somos un equipo y eso hay que demostrarlo, lo demostramos, fuera y dentro de la pista. Hemos visto este año chocar a dos compañeros de equipo cuando iban primero y segundo [los dos Red Bull] y ver a su equipo, que es quien nos paga al final de mes, perder 43 puntos. No nos pagan los periódicos, ni nadie más. Ferrari se marchó de Alemania con 43 puntos y eso es lo que importa. Somos profesionales y tenemos que buscar lo mejor para el equipo. En Alemania siempre fui más rápido que Felipe [Massa]. En Hockenheim ganó el piloto más rápido. Insisto, Ferrari es un gran equipo y lo demostramos dentro y fuera de la pista. Esa es la lectura que hay que extraer de lo de Hockenheim.
–Después de Silverstone, donde ni siquiera puntuó al ser 14º, dijo que, ahora sí, podía aspirar al título. ¿Qué le hizo ser tan optimista?
–Hasta Valencia y Silverstone íbamos un pelín forzados detrás de los Red Bull y los Mclaren. Pero, a partir de entonces, el coche mejoró muchísimo y empecé a sentirme fuerte para luchar, de tú a tú, con ellos. Antes de esas dos carreras parecía imposible luchar contra los Red Bull y ahora, como vimos en Alemania, se ha abierto una ventana de esperanza.
–¿Qué ha significa para usted y Ferrarí el doblete de Alemania?
–Ha sido un golpe de moral increíble para todos. Han desaparecido las dudas y eso, en la F-1, significa mucho, muchísimo. Ese doblete nos demuestra que estamos en la senda.
–En Bahréin, en el primer GP, nos anunció todo lo que ha ocurrido: los Red Bull serán velocísimos, McLaren evolucionará más y mejor que nadie y a Mercedes le costará adaptarse a sus cambios internos. Díganos, ¿cuál es su pronóstico para final de año?
–Ferrari va a ser un equipo muy fuerte en la parte final del campeonato. Red Bull será más constante. Tiene con diferencia el mejor coche, pero solo son tercero y cuarto en el Mundial, sabe lo que tienen que mejorar y lo harán. McLaren va a estar ahí, pero creo que, al final, Red Bull será el rival más duro. Tienen el mejor coche y todas las cosas raras que les podían pasar quizá ya les han pasado y serán muy peligrosos.
–Perdón, ¿por qué todo el mundo en la F-1 se copian unos a otros?
–Ha sido un año muy interesante en cuanto a evoluciones, que han girado, fundamentalmente, sobre dos conceptos o soluciones: el conducto F, que ha sido un invento de McLaren, y los escapes bajos dirigidos al difusor que Red Bull instaló por primera vez. Pero en Ferrari esas ideas ya estaban siendo experimentadas, así que es difícil saber quién tuvo antes la idea. El año pasado todo giró alrededor de esa idea innovadora del doble difusor de los Brawn. Cada año hay alguna laguna en el reglamento que los equipos intentan aprovechar. Es verdad que Ferarri ha ido a remolque en esto, pero el Mundial es largo y ahora creo que los coches están bastante igualados. Esperemos que el campeonato concluya sin más inventos raros.
Elperiodico.com
Etiquetas: Entrevistas 2010
"Ahora sí aceptaría el desafío contra Rossi"
Dado que ya está en Ferrari, Fernando Alonso le confiesa a AS su intención de batirse, si el italiano aún quiere, sobre su F-1, una MotoGP y un coche de rallys: "Sería algo de espectáculo, nada serio, supongo"
Carlos Miquel | 10/07/2010
Fernando Alonso en estado puro. En sus críticas a lo que no le gusta, sus elogios, sus sonrisas y sus silencios. El asturiano concedió una larga y prolija entrevista a AS en el motorhome de prensa de Ferrari, en el momento más polémico del año.
Algunos fans me preguntan sobre si ha perdido agresividad, tras no pasar a Buemi en Valencia. ¿Es ahora más conservador o es sólo por el coche?
Siempre se habla demasiado. Desde fuera es difícil ver las cosas y respeto todas las opiniones, pero hay algunas que no compartes. Como la de la falta de agresividad, que he podido leer. Que fue difícil de entender cómo no había pasado a Buemi en toda la carrera. Y que debía concentrarme más en esas cosas que luego en hablar después de la carrera
Pero yo le hablaba del sentir de algunos espectadores
Sí, sí. Hay que saber que en ese momento mi ingeniero me decía: "No arriesgues, que hay cinco pilotos investigados". Con eso respondo a la pregunta. Hay momentos en los que tienes que arriesgar y otros en los que no. Si me arriesgo a pasar a Buemi y luego les ponen una penalización de treinta segundos y me quedo fuera de carrera, leería entonces que tengo que correr con más cabeza. Hay que estar un poco al margen y respetar los comentarios de todo el mundo. Pero al final de cuentas hay dos McLaren luchando por el título, dos Red Bull y un Ferrari Queda respondida también la pregunta.
¿Sería más feliz en el fútbol, donde no hay factores mecánicos, o como ciclista?
Ufff. Yo soy feliz en todos los deportes y creo que tengo más talento para pilotar un coche. Es lo que me ha tocado hacer en esta vida y voy a intentar disfrutarlo a tope. Más feliz de lo que estoy ahora no puedo estar. Estoy en la pugna. Es verdad que voy quinto, que venimos de una carrera con muy pocos puntos. Pero sin la mala suerte de Canadá y Valencia tendría ahora mismo 23 puntos más, y con menos puntos para mis rivales, estaría ahora líder en esta entrevista. Sólo pequeños detalles y mala suerte en dos carreras han cambiado la perspectiva de la actual sobre si estaría más feliz en otro deporte, a qué bien que lideras el Mundial. Queda mucho, veremos qué se puede hacer en noviembre, pero me levanto cada mañana feliz con mi trabajo, con mi vida, con el sueño cumplido de correr con Ferrari y de que ojalá pueda luchar por el título a final de año y no en julio, que no sirve para nada.
¿No pensó en Valencia: "Tendría que haber hecho trampas yo también"?
No, nadie lo hace con mala intención, ni pensando nada extraño. A veces sufrimos penalizaciones unos pilotos, a veces otros Los comisarios y el director de carrera no tienen un trabajo fácil, como hemos visto en el Mundial con los árbitros. Todo se compensa a final de año y el que gane el título será un justo campeón.
¿Qué necesita Ferrari para volver a ganar, menos poder italiano como antes?
No, estamos bien como estamos. Ya le digo, esta entrevista sería distinta sin mala suerte. Creo que el equipo está bien, fuerte y se está adaptando también a las nuevas reglas. Con la limitación de test, de personal, de número de horas del túnel del viento, de costes Hace falta una reestructuración importante en todos los equipos y Ferrari se está preparando también para el futuro, para esta nueva F-1, y ojalá que lo haga mejor que los demás.
¿Cómo ve a Massa?
Bien, creo que es un piloto muy competitivo, muy rápido. Y no sólo en la crono, también en carrera es constante. Ha sido una buena sorpresa, en lo deportivo por su velocidad y en lo personal porque es una persona muy sencilla con la que es muy fácil llevarse bien. Se trata de alguien que ha luchado hasta la última carrera por un Mundial. Y que lideraba internamente el equipo el año pasado hasta su accidente.
¿Cuál ha sido el compañero más duro?
Quizás Felipe sea el más difícil que he tenido. En otros tiempos Fisichella y Trulli me pusieron en más apuros para intentar superarles. Pero también yo era peor piloto en aquella época. No tenía la experiencia que tengo ahora y ellos eran muy rápidos, experimentados y a veces hacían un trabajo mucho mejor que yo. Gracias a lo que aprendí de ellos soy mejor como piloto, y también técnicamente con el paso por diferentes equipos. Por talento mi actual compañero es uno de los mejores.
¿Y Hamilton?
Hamilton fue diferente. Fue un piloto que llegaba nuevo de la GP2, con un cambio de reglamento bastante brusco. Pasábamos de los Michelin a los Bridgestone, muy parecidos a los neumáticos que él usó todo el año en GP2, con otro tipo de motores y aerodinámica. Fue un año distinto también. Está entre los mejores, seguro.
No es amigo de Lewis. ¿De verdad hay alguien que se pueda creer lo de los SMS?
Sí, por qué no. No es tan atípico. No tenemos que ser amigos para intercambiar SMS o decir cualquier cosa. Somos rivales en la pista, pero fuera de ella somos personas normales y corrientes y hay mucho respeto hacia todo el mundo.
¿Le ha pedido disculpas por frenarle?
No No tiene nada de que pedir disculpas, supongo. Todo el mundo hace su carrera e intenta hacerlo lo mejor posible. Y tuvo su penalización también por lo que hizo mal.
Ahora que está en Maranello, ¿asumiría el reto que le propuso Rossi en 2006 de competir contra él en un F-1, una moto y un coche de rallys?
(Se ríe). Hombre, él prueba mucho más en Fórmula 1 que yo en moto. Tiene unos cuantos test cada cierto tiempo que disfruta, los aprovecha y yo no creo que sea capaz de hacer esos test sobre dos ruedas. Si un día hay que hacerlo lo haría, por qué no. Ahora que estoy en Ferrari sería todo mucho más fácil. Algo de espectáculo, nada serio, supongo. Y lo de la moto lo vería bastante difícil. Igual la arranco, la apago y ya está. (Se ríe a carcajadas). Acabé mi vuelta y doy por perdido el punto. Es totalmente imposible pilotar una moto como ellos lo hacen.
¿Cree que podría batirle sobre un coche de rallys?
Hombre, en rallys nunca he probado, pero entrenaría un poco antes de hacerlo, supongo.
¿Tiene preparada alguna celebración especial para su próxima victoria?
No, no tengo nada preparado. En 2006 podía ganar carreras de manera consecutiva y te vienen a la cabeza todas estas cosas. Sin embargo, cuando estás en una situación como la nuestra, en la que una victoria va a ser muy luchada y trabajada, en lo último que piensas es en celebrar algo.
Le voy a preguntar ahora por algunos pilotos de Ferrari. Empezamos por Gilles Villeneuve.
Es un piloto que es un mito en Ferrari. Lo veo cuando estoy en Maranello. Recuerdan a Gilles, a Yodi Scheckter, a Michael Hay varios nombres que les han impresionado. Junto con Schumi, Villeneuve es la persona más recordada y amada en Ferrari. Era un piloto distinto a los demás, con mucha más pasión y corazón por lo que hacía. Por eso ha quedado tan grabado. ¿Lauda? Sólo ha habido siete campeones con la escudería y él es uno.
Y, por supuesto, Schumacher. ¿Ha hecho bien volviendo a competir?
Hombre, habría que preguntárselo a él. De cara al espectador o desde fuera es fácil decir ahora que no. Estaba en su casa, había sido siete veces campeón, el mejor de la historia en palmarés, una máquina perfecta de ganar. Después de volver, desde fuera queda como que no es tan fácil ganar en F-1, dependes mucho del coche y, además, su compañero Rosberg está quedando normalmente por delante de él. Todo eso no está muy bien para él, pero igual es mucho más feliz este año que el pasado viendo las carreras por la tele. Si es así, ha hecho muy bien en volver. Lo importante es lo que sienta uno por dentro y no los demás cuando estén en casa delante de la pantalla de televisión. Además, si tuviera uno de los Red Bull igual ahora estaba ganando carreras.
Un piloto llegó a orinarse encima en una parrilla. ¿Le ha pasado algo similar u otra anécdota curiosa que se le ocurra?
A mí no me ha pasado, siempre voy al baño. Lo más curioso son las gotas de sudor que se pegan a la visera por dentro cuando frenas. Va cayendo por la nariz hasta que frenas, se pegan por dentro y empiezas a ver mal por el sudor, que se va hacia delante como si estuvieras en la luna. Intentas quitártelo en las rectas, pero no aclaras mucho porque lo único que haces es esparcir el líquido por la visera.
¿Cuándo ha pasado más miedo en un F-1?
Siempre que llueve tienes respeto a la velocidad y un poco de atención a lo que haces. La última vez fue en China 2009. Llovía muchísimo. Me quedé último porque cambiamos las ruedas detrás del Safety y me encontré el veinte. Detrás de toda la estela de agua. Quieres adelantar a la gente y no ves nada a 300 km/h. Ni a derecha ni a izquierda. Y hay que seguir acelerando porque si no el que viene por detrás te pasa por encima. Hay que acelerar hasta que sientes que tienes que frenar, pero sólo lo sientes, porque no lo ves.
¿Hay alguien que diga la verdad en la F-1?
Sí, supongo que alguien habrá (Se ríe). Se dice la verdad, se dice la verdad, pero siempre se guarda algo de margen. Si hablas con una persona, ésta se lo puede decir a los rivales. Respecto a las cosas técnicas de tu coche normalmente nunca se dice la verdad. En lo personal es un deporte como otro cualquiera.
¿Ve posible que, como se ha publicado, Red Bull tenga un sistema de control de gases para la calificación?
No lo creo, son sólo suposiciones. Un coreano escribe en un blog que Red Bull tiene un sistema de gases, y como nadie sabe ni explica cuál es el secreto de Red Bull, después se extiende con la globalización por todo el planeta.
¿Qué significa para usted Flavio Briatore?
Es una persona que me ha ayudado mucho, que me llevó a la Fórmula 1 desde la Fórmula 3000, y después de conocerlo me fichó para Benetton y me permitió debutar en el gran circo con Minardi y Renault. Sin él no estaría aquí.
¿Se le echa de menos?
Creo que sí. Es una persona diferente. Profesionalmente hablando es bueno. Su forma de gestionar el equipo siempre fue de las mejores, porque luchábamos por cosas importantes con menos medios que los demás. Y era por carácter una persona que necesitaba la Fórmula 1. Muy abierta, muy F-1.
¿Podría ser el nuevo Bernie algún día?
Bernie Ecclestone no tiene sustituto.
Pero podría, desgraciadamente, fallecer.
No creo. (Se carcajea). Bernie parece no tener recambio.
¿Qué añora más de estas dos cosas: otro Mundial o ser un personaje anónimo?
El título mundial, lo de anónimo o no, es menos importante cuando estás en plena carrera deportiva. Sólo pienso en la victoria.
¿Por qué no sabemos de su generosidad para acciones humanitarias en el tercer mundo?
Porque no hay tampoco por qué decirlo o darle publicidad. Lo que haga uno es interés de uno mismo y de quienes te rodean. Como tampoco trasciende que doy más o menos cuatro horas de ruedas de prensa cada fin de semana. Es imposible que haya otro deporte en el que se haga eso. Y lo doy en cuatro idiomas. Pero luego soy poco accesible. No pasa nada, que se diga Pero como dijo Mourinho, las mentiras a base de repetirlas sólo son verdad para la gente poco inteligente. Pero para las inteligentes siguen siendo mentira. Me da igual lo que se diga.
¿Cómo está lo de crear su propio equipo ciclista?
Está en standby. Difícil para el año que viene.
Terminamos, dígame lo último con lo que se ha reído a carcajadas.
Con el vídeo de Camacho en el Mundial. Lo vivimos todos como él, sólo que a los demás no nos graban.
AS.com
Etiquetas: Entrevistas 2010
“En Barcelona frenaré cinco metros más tarde y aceleraré dos segundos antes”
La pregunta más fácil en este momento es como influirá ser “Ferrarista” en la carrera del 9 de mayo en Barcelona. ¿Será esto una ventaja o supondrá una enorme presión?
«Simplemente será positivo, una gran ventaja. Los espectadores tendrán grandes expectativas y vamos a darlo todo para no defraudarles. En Barcelona frenaré cinco metros más tarde y aceleraré dos segundos antes.”
Aunque no tiene ningún miedo. Alonso, ha asegurado los pulgares por 10 millones de euros. Al igual que un pianista, un pianista de la F1.
«El Banco Santander está entrando en los seguros. Ha sido su regalo. Los pulgares son algo que los pilotos utilizamos mucho. »
¿Cómo se enfrenta un campeón como usted a la amenaza de un accidente?
«No pienso mucho en ello. Sé que tengo que vivir una vida tranquila, porque mi trabajo depende de mis capacidades físicas. Lo hago todo con mucha atención y cuidado. Bueno, sí, te hace vivir con un poco de miedo. Cada vez que estas corriendo, tienes que superarlo. »
Alonso es pragmático, pero ¿también es un fatalista?
«Nosotros somos los dueños de nuestro destino. Me salté la salida, en el GP de China, porque cometí un error, no por el destino. »
¿Qué sucede después de dicho error?
«Reflexionas. Y estás desilusionado contigo mismo. Lo piensas después. No puedes estar dándole vueltas. »
Alonso tiene su propio carácter, Ferrari es Ferrari: ¿es correcto decir que en algún momento tuvieron que juntarse?
«Ferrari y yo estamos viviendo las carreras con mucha pasión. Trabajando con un equipo más frio era algo un poco extraño. Ahora que hay dos pilotos latinos en Ferrari motiva mucho más. »
¿Estaba usted perdiendo el tiempo antes, hasta que finalmente se juntaron?
“Teníamos diferentes caminos, pero no hemos perdido el tiempo, no gané con McLaren y ni durante dos años con Renault, pero soy mejor piloto de lo que era en 2006. Ferrari ganó el campeonato de 2007 con Raikkonen y el título de constructores en 2008. Nos conocimos en 2010, descubriendo que estaba más preparado que antes ».
¿Tiene Maranello la emoción que usted imaginó?
«No, es diferente. Es incluso mejor. Yo esperaba llegar al equipo más fuerte, pudiendo beneficiarme de las posibilidades. Pero Ferrari es mucho más: es una pasión, una filosofía, una forma de vida. Estoy contaminado por la emoción ».
Hay que hablar que Schumacher, de alguna manera los aficionados se sienten engañados por él …
«Ahora, quizás, estemos un poco más libres …»
¿Quién es el Alonso de detrás de la visera?
«Un hombre tranquilo. Yo diría que incluso simpático. Y romántico. Él no tiene ninguna característica especial, sólo soy un tipo normal. Soy tímido y no lo oculto. Pero cuando me siento a gusto sale al verdadero español ».
¿Su timidez no se convierten en un obstáculo en el trabajo?
«Sí. Pero en mi caso, desaparece cuando me pongo el casco. »
Alonso defiende su privacidad
«Sí. Me enfado cuando quieren entrar en mi vida. Se trata del carácter, la educación, lo que mis padres me dijeron: la pista de carreras es una cosa, la casa es algo más. El interés por Fernando Alonso tiene que terminar la tarde del domingo. »
¿Qué es lo que no le gusta de la F1?
«Cuando se retuerce tu imagen, la gente lo puede malinterpretar y sacar ideas equivocadas.»
Un español en Italia … ¿qué le parece?
“Los españoles y los italianos tienen el mismo estilo de vida. Nos gusta la fiesta y la diversión, pero somos tan profesionales como las naciones “más frías” del norte de Europa. »
¿Cómo se puede ganar un campeonato?
«A partir del coche, con una buena planificación. Luego está el desarrollo, aunque con las limitaciones que tenemos son una fantasía limitada. Ahora para ganar también se necesita un poco de suerte. ».
¿El piloto no cuenta?
«Sobre todo el equipo, cómo se trabaja en la fábrica y luego en la pista. Creo que el que pilota tiene un porcentaje bajo, pero el piloto tiene que tener un buen rendimiento y ser coherente. No es importante dar el 100% de vez en cuando, pero siempre y en cualquier circunstancia el 98%. »
Red Bull, Ferrari, McLaren: ¿cuál es el orden?
«Red Bull es más fuerte en la calificación y son muy rápidos, pero podemos recuperar el retraso en la carrera. McLaren sabe cómo desarrollar muy rápido sus coches. Total, Ferrari favorito para el campeonato. »
Volvamos a Schumacher. ¿El hecho de que fuera a Mercedes te sorprende?
«Sí, mucho. Me sorprendió aún más que vuelta… con la vida tranquila que pudo haber vivido y con un pasado tan … »
En China se le ha criticado por adelantamiento a Massa en la entrada de pit lane. ¿Lo haría otra vez?
«Por supuesto que sí».
¿Alonso, a quién le gusta adelantar?
«Adelantar a Schumacher siempre es agradable, estás hablando de ello durante toda una semana».
¿Quiere dar un consejo, Valentino Rossi, porqué debería dejar de pensar en la F1?
«Es el número 1 en el deporte de las motos, nadie se le puede acercar. No vendría mal que diera una vueltas en los rallys o en la F1, pero no tengo ningún consejo. Pero si él viniera con nosotros, sería bien recibido. »
Españoles e italianos son muy religiosos. En Italia está incluso el Papa. ¿Es usted un hombre religioso? ¿Cómo está su relación con Dios?
«No hay ninguna relación y nunca he buscado una. Déjame decirlo de nuevo: Yo no creo en el destino o en los actos de Dios, si un avión se estrella y usted muere, no es porque alguien le haya llamado al cielo ».
Gpeuropa.net
Stupore Alonso: «Non immaginavo che la Ferrari fosse così emozionante»
Il fuoriclasse spagnolo della Rossa: «Noi siamo i favoriti. Il mio rapporto con Dio? Non l'ho mai cercato»
Flavio Vanetti 1/5/10
MARANELLO - La domanda alla quale non darà risposta è quella che ipotizza il suo passaggio sull’altra parte della barricata: lui intervistatore e non intervistato. «Che cosa chiederei a Fernando Alonso, se fossi giornalista? Sapete che non lo so...». Il quesito più attuale, invece, è quello che gli impone di «pesare» l’impatto del suo essere ferrarista, finalmente ferrarista, immaginando che cosa accadrà il 9 maggio quando si correrà a Barcellona. Un vantaggio o una pressione pazzesca? «Sarà solo un fatto positivo, un vantaggio. La gente avrà grandi aspettative, faremo di tutto per non deluderla. A Barcellona stacchi cinque metri più tardi e acceleri due secondi prima». Avanti, dunque, senza paura.
Alonso, lei ha superassicurato i suoi pollici con 10 milioni di euro. Come un pianista, un pianista di F1.
«Il Banco Santander si lancia nel campo assicurativo. Io faccio da testimone. In effetti i pollici sono una parte del corpo che noi piloti usiamo tanto».
Come convive il campione con il timore dell’infortunio?
«Non bado molto a questo. So che devo avere una vita tranquilla, il mio lavoro dipende dal mio stato fisico. Faccio tutto con attenzione e scrupolo. Sì, si vive con un po’ di ansia: ogni volta che si corre, vuoi essere al massimo».
Alonso il pragmatico è o non è anche un fatalista?
«Siamo noi a costruirci il destino. Nel Gp di Cina sono scattato in anticipo per un mio errore, non perché la sorte s’è messa di mezzo». L’errore. Come lascia? «Dà da riflettere. E rende delusi con se stessi. Ci penso a lungo? No, ci penso dopo: non puoi farti travolgere, non ne verresti fuori più».
Alonso è un fuoriclasse, la Ferrari è la Ferrari: è giusto dire che dovevano incontrarsi per forza?
«Non so se sono un fuoriclasse... Ma di sicuro, io e la Ferrari viviamo le corse in modo passionale. Essere in un team più freddo era un po’ strano. Quanto alla Ferrari, avere oggi due piloti latini dà motivazioni maggiori».
Si è perso del tempo prima che l’attrazione fatale arrivasse a buon fine?
«Io e la Rossa abbiamo percorso strade differenti. Ma non abbiamo perso tempo: io non ho vinto con la McLaren e per due anni con la Renault, ma sono un pilota migliore rispetto al 2006. La Ferrari, invece, ha vinto nel 2007 il Mondiale con Raikkonen e il titolo costruttori nel 2008. Nel 2010 ci siamo incontrati, scoprendo di essere più pronti».
L’emozione di essere a Maranello è pari a quella immaginata?
«No, è diversa. In meglio. Mi aspettavo di arrivare nel team più forte e di sfruttarne il potenziale. Ma ho visto che la Ferrari è ben di più: è una passione, è una filosofia, è un modo di vita. Sono contagiato da questa emozione».
C’è da dire che Schumacher le ha dato una mano nell’inserimento: molti tifosi del Cavallino si sentono traditi da lui... «Ora, forse, siamo più liberi...». Ci descrive l’Alonso che sta dietro la maschera da guerriero?
«Un tipo tranquillo. Direi anche simpatico. E romantico. Non ho una caratteristica speciale, sono un uomo normale. Sono timido e non lo nascondo. Ma quando mi sciolgo, emerge lo spagnolo vero».
La timidezza, se trasferita nel lavoro, non ostacola?
«Sì. Però nel mio caso sparisce quando indosso il casco». Alonso difende la sua privacy. «Sì, mi incavolo se ficcano il naso nella mia vita. È una questione di carattere, di educazione, di quello che mi hanno detto i genitori: il circuito è una cosa, la casa è un’altra. L’interesse verso Fernando Alonso deve finire alla domenica pomeriggio». Che cosa non le va della F1? «Quando storpiano la tua immagine: la gente magari fraintende e si fa idee sbagliate».
Lei è il risultato di una Spagna diventata dominante nello sport, oppure e una cosa a parte?
«Appartengo a una generazione eccellente, sbocciata grazie a un Paese esploso negli ultimi vent’anni. Pure nello sport abbiamo fatto passi giganteschi: pensate al tennis, oggi abbiamo il duemila per cento di campi in più».
Ma la Spagna sportiva ha avuto anche la macchia di un dottor Fuentes, coinvolto in brutti episodi di doping.
«Ogni nazione, ogni sport, ha i suoi Fuentes. Guardiamo solo agli aspetti buoni». Qual è il suo idolo sportivo? «Miguel Indurain. Riservato come me, esaltante nell’azione. Un supereroe».
Lei si accorge di essere visto come un supereroe?
«No, non me ne rendo conto. Però so che esistono sia questa immagine sia questa devozione verso la F1 e i suoi piloti. In Spagna so che c’è gente che trema o piange di gioia, se mi vede: è quello che provavo io per Indurain»
Uno spagnolo in Italia... Come si trova?
«Spagnoli e italiani hanno lo stesso modo di vivere. Ci piace fare festa e divertirci, ma siamo professionali come i popoli, più freddi nell’animo, del Nord Europa».
Vede un’Italia spaccata tra Nord e Sud?
«No, la vedo unita. Non dimenticate che provengo da un Paese nel quale ci sono i separatisti baschi, catalani e perfino asturiani, quelli della mia terra...».
Come vede il suo Re un ragazzo spagnolo del terzo millennio?
«I giovani lo rispettano, però non ci fanno molto caso: lo considerano un’isti tuzione più adatta ai genitori e ai nonni. A me, invece, Juan Carlos di Borbone dà un’impressione enorme, anche perché sono un tradizionalista».
Flavio Briatore, per lei molto di più che un amico, è diventato papà: la fa sorridere?
«Sì, non è una cosa facile da immaginare ». Pronostico: magari Briatore la «contagia » e pure lei diventa padre. «Io e mia moglie Raquel ne abbiamo parlato, qualche volta: ma abbiamo concluso che adesso non è il momento. Sì, c’è il mio lavoro; ma c’è anche il suo: è una cantante, tiene 40-50 concerti all’anno. Per avere una famiglia devi fermarti, tanto per cominciare. E poi nulla sarà più come prima. Il destino, in questo caso, deciderà per noi. Anzi, no: pure in una vicenda del genere sei arbitro di te stesso».
Le diamo la bacchetta magica. Che cosa cambia nel mondo?
«Il mondo è messo male. Povertà e ricchezza creano squilibri: al 99%, tutti vorrebbero risolvere questo problema e non mi sembra di dire una cosa epocale».
Come si vince un Mondiale?
«Partendo dalla macchina, con una buona progettazione. Poi viene lo sviluppo, anche se con le limitazioni attuali la fantasia è castrata. Diciamo che per vincere, adesso serve pure la fortuna. Ed è necessario che funzioni non solo un dettaglio, ma un gruppo di cose».
Il pilota non incide?
«Incide la squadra. Ovvero: come si lavora in fabbrica prima e in pista poi. Lascio a chi guida una percentuale bassa, però il pilota deve essere all’altezza nelle prestazioni e nella regolarità. Non è importante dare il cento per cento di tanto in tanto, ma il novantotto sempre e in ogni condizione».
Red Bull, Ferrari, McLaren: così sono nell’ordine giusto?
«La Red Bull va meglio in qualifica e ha tanta velocità; ma in gara noi la raggiungiamo. La McLaren sa sviluppare in fretta le sue auto, però noi non siamo da meno. Totale: Ferrari favorita per il Mondiale».
Torniamo a Schumacher. Il fatto che sia andato alla Mercedes ha sorpreso anche lei?
«Sì, eccome. A me però ha sorpreso pure il fatto che sia rientrato... Con la vita comoda che poteva sfruttare e con quel passato...».
In Cina l’hanno criticata per il sorpasso a Massa nella bretellina della pit lane. Lo rifarebbe?
«Certo, non ci sono dubbi».
Quale coppia di piloti può mettere in difficoltà quella formata da Alonso e Massa?
«Io e Felipe ci completiamo a vicenda: a me manca qualcosa nella gestione delle curve che lui invece ha, mentre io in certi tratti sono più rapido. Imparare a vicenda è un segreto. Chi ci può dare problemi? Button e Hamilton».
Alonso chi gode a sorpassare?
«Lasciare dietro Schumacher è sempre un bell’affare: se ne parla per una settimana ».
Vuole dare un consiglio a Valentino Rossi, che forse non ha smesso di pensare alla F1?
«È il numero uno della storia del motociclismo, nessuno lo avvicinerà. Passare ai rally o alla F1 non gli farebbe male, però non ho consigli per lui. Ma se venisse da noi, sarebbe il benvenuto».
Spagnoli e italiani sono molto cattolici. E in Italia abbiamo pure il Papa. Lei si inserisce tra gli sportivi religiosi? Com’è il suo rapporto con Dio?
«Non c’è alcun rapporto e non l’ho mai cercato. Ribadisco: non credo nel destino e in un’ entità superiore: se un aereo cade e muori, non è perché uno ti ha chiamato in cielo».
Corriere.it
Etiquetas: Entrevistas 2010
domingo, 4 de julio de 2010
Fernando Alonso: «Incluso yo puedo ser dueño de mi vida»
Ecos de Alonso desde Estambul
- Lo mejor y lo peor de ser Fernando Alonso
—Lo mejor es conducir estos coches. Y no sólo me refiero a los de Fórmula 1, sino también a los que a veces me dejan probar en Maranello o en otros equipos donde he trabajado. Cualquiera soñaría sólo con subirse a uno y yo los conduzco a todas horas. Soy un privilegiado. Lo peor
¿Se considera el mejor piloto?
¿Se fija alguna meta? ¿Los siete títulos de Schumacher?
Etiquetas: Entrevistas 2010